Notice: Trying to access array offset on value of type bool in /home/z61ns5e1/public_html/lombardia/wp-content/themes/articolouno/lib/286function.php on line 56
In piena pandemia, perché, nonostante una parte della politica, dell’economia e della grande stampa abbia già dimenticato il collasso del sistema sanitario, siamo ancora in emergenza, il governo è sotto attacco.
A guidarlo non sono i più sofferenti, che avrebbero anche qualche ragione. No. Sono le élite. La riproposizione, nei classici corsi e ricorsi della storia, del sovversivismo, di gramsciana memoria, delle classi dirigenti. O presunte tali.
Leggere per credere l’intervista di Bonomi al Corriere. Che pontifica sui contributi a pioggia e sull’eccesso di ammortizzatori sociali. Che pretende finanziamenti al capitale, senza vincoli e senza uno straccio di corresponsabilità’ per la rinascita. Che reclama mani libere nella gestione della manodopera.
Una vera dichiarazione di guerra. Da vecchia razza padrona, di un tempo che fu. Si sperava.
Leggere per credere la grande stampa, con i suoi vertici rinnovati alla bisogna. Per non parlare di tanti talk.
Che, quasi presi da furia iconoclasta, negano l’evidenza degli 1,2 milioni di mutui sospesi (140 miliardi di valore), dei bonus liquidati al 90% (cosa importa degli Iban sbagliati), della cassa integrazione ordinaria riconosciuta a oltre l’80% (cosa importa che quella in deroga competa alle regioni), della sospensione di tasse e tributi, del riconoscimento economico ai lavoratori che hanno sempre lavorato, degli ostacoli, non del governo, all’erogazione dei prestiti bancari.
Nessuno disconosce i problemi e i ritardi, anzi. Ma costoro non vogliono mettere in conto l’enormità della sfida.
Semplicemente non interessa.
Il bersaglio grosso è il governo centrosinistra-5 stelle, che non può e non deve gestire la fase 2.
Non può e non deve per la sua disposizione al dialogo con il mondo del lavoro, perché in Europa sta facendo la sua parte per dire addio all’austerità, perché orientato ad un rinnovato ruolo del pubblico nell’economia, dopo anni di delega in bianco al mercato, che ha depauperato la manifattura e svalorizzato il lavoro.
Non stupisce che il terzo cavaliere sia la destra nazionalista: incapace di accogliere il richiamo del presidente della Repubblica alla collaborazione istituzionale e maestra nello scontro a testa bassa. Con il distinguo, importante, di Forza Italia.
Immemore dei suoi antichi proclami alla modernizzazione del paese, Renzi, per puro spirito di sopravvivenza, ma sarà un’eterogenesi dei fini, si è messo nella retroguardia del fronte, pensando di esserne l’alfiere.
Tuttavia i protagonisti sono accomunati da una grave miopia. Dopo questo governo, ci sono solo le elezioni. Ad epidemia ancora in corso.
Per questo sulle forze che costituiscono l’anima del governo incombe un di più di responsabilità: giocare all’attacco e non in difesa. Pd, 5 stelle, LeU e Articolo Uno devono cementare una fase nuova, a partire dal decreto maggio.
Una strategia di rilancio, fondata sulla capacità di stare, contemporaneamente, dentro e contro la contingenza.
Dentro, affinché la risposta al virus, qui e ora,sia la più efficace. Contro, perché bisogna cominciare a disegnare un’Italia nuova.
Lungo questi assi: orientamento degli investimenti, rifondazione dello stato sociale a partire dalla sanità, centralità del lavoro e redistribuzione dell’orario, statuto dei lavori (precario, professionale, artigiano, piccola e media impresa), nuovo equilibrio ecosostenibile, protezione del nuovo Quinto stato.
Dice bene il saggio Macaluso: a questo punto il Pd, il M5S e LeU (con Articolo Uno) dovrebbero chiaramente esporre agli italiani un progetto politico comune.
E cosi incroceranno lo spirito profondo dell’Italia, che sta dando una prova impensabile di compostezza e di responsabilità.
Paolo Pagani segretario provinciale di Articolo UNO di Brescia